Il direttore
Scheda Libro
Sinossi
Il carcere Luigi Pagano lo conosce come pochi. Perché ha dedicato un’esistenza intera al superamento della distanza che separa i principi fissati nella Costituzione italiana dalla realtà della detenzione. Il Direttore racconta le nostre prigioni dall’interno, in un viaggio umano e professionale lungo quarant’anni, dal primo incarico a Pianosa negli anni di piombo fino alla nascita del pionieristico “progetto Bollate”. In un susseguirsi di destinazioni, Pagano è testimone e protagonista di alcuni momenti chiave della storia e della cronaca nazionale: sorveglia i brigatisti che hanno sequestrato e ucciso Aldo Moro e la sua scorta; al culmine dell’emergenza terrorismo affronta le rivolte che affossano la riforma penitenziaria; vede trucidato Francis Turatello, boss indiscusso della mala milanese; segue l’isolamento all’Asinara, imposto dal presidente della Repubblica Sandro Pertini, di Raffaele Cutolo, capo della Nuova camorra organizzata. Finché dirige San Vittore. Qui, da osservatore privilegiato, assiste al gonfiarsi della piena di Tangentopoli, che trascina con sé politici e manager per nulla avvezzi alle patrie galere. Da questa narrazione scaturiscono riflessioni e una lucida critica sul sistema penitenziario, prefigurando una necessaria trasformazione centrata su inclusione sociale e pene alternative. E mentre il ricordo si distende tra storie personali e aneddoti, l’autore apre le porte di un’istituzione quasi sconosciuta al cittadino comune, e chi legge riesce a cogliere, quasi a respirare, la quotidianità, le contraddizioni e il dolore della vita in cella. Ma non solo, tra una sbarra e l’altra, intravede scorrere il tumultuoso cambiamento di un Paese.
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La civiltà di un paese si misura dalle carceri
“Bisogna vederle le carceri per poterne parlare” diceva Calamandrei.
Luigi Pagano, ex direttore di San Vittore che ha ricoperto ruoli di vertice all’interno del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, senz’altro le ha viste e vissute, e per questo ha deciso di raccontarle all’interno di un libro (“Il direttore” appunto) che ripercorre la sua biografia e i suoi quarant’anni di carriera, come racconta al giornalista e scrittore Carmelo Sardo nella seconda giornata di Tramextra.
“Le carceri sono anacronistiche e inumane. Non sono in grado ad oggi di svolgere la funzione di recupero della persona, ledendone anzi la dignità, ne di abbattere la recidiva di reato – denuncia – favoriscono l’annichilimento delle personalità e la tendenza, da parte delle società civile, di identificare il reato con la persona”.
Il carcere dovrebbe essere l’extrema ratio dell’esecuzione penale, la rieducazione e il reinserimento potrebbero essere perseguiti implementando misure alternative, perché – spiega – “lo Stato non si può rifare con le manette come in una vendetta personale. Lo Stato è un’altra cosa”.
Il direttore, con la peculiarità della competenza umana prima che professioanle e l’utopia dell’abolizione delle carceri, è riuscito a innescare un processo di cambiamento ed è stato precursore dello sdoganamento di alcune attività all’interno degli istituiti (come quella teatrale), convinto che il reinserimento della persona nella società e l’abbattimento della recidiva di reato sia possibile solo offrendo ai detenuti concrete occasioni di recupero. “Svolgere attività preserva la loro umanità” – spiega.
L’intero sistema appare però ancora lontano dall’esser al passo con i tempi e con i canoni di civiltà. “Secoli di evoluzione umana e giuridica – conclude – non sono riusciti a sradicare quell’occhio per occhio che ci portiamo dentro. L’istinto di reazione in noi è dovuto a fatti ancestrali”.
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