di Redazione Trame (volontarie)
Fausto Vitaliano, fumettista, giornalista e scrittore di Milano dal sangue calabrese, con il suo noir “Scritto sulla sabbia. L’ultima indagine di Gori Misticò”, è il protagonista del terzo appuntamento dell’ultima giornata di Trame Festival. Attraverso la sollecitazione del giornalista Gaetano Savatteri, l’incontro si apre con la delineazione del ritratto del personaggio principale: Gori Misticò, un investigatore, maresciallo dei carabinieri, appassionato di “Topolino”.
È un personaggio “appeso”, dice Vitaliano, la sua probabile difficoltà a stare al mondo è da subito scandita dal cognome. Originariamente Nisticò, ma che, per un errore all’anagrafe, è trascritto con un’iniziale differente. L’autore lo paragona alla Tillanzia, pianta senza radici che si sposta trasportata dal vento.
Durante il dialogo tra i due interlocutori emergono dei parallelismi tra Fausto Vitaliano e il maresciallo. Oltre a condividere un’innata passione per i giornalini “Topolino”, entrambi migrano a Milano e rientrano per ragioni differenti nella loro terra natale, l’amata Calabria, i cui bellissimi paesaggi fanno da sfondo alle vicende. Un ulteriore dettaglio fornito durante l’incontro ci fa sapere che il protagonista è affetto da una grave malattia, come il fratello dello scrittore.
Ed é proprio il cancro di Gori Misticò una delle tematiche prevalenti. Di fronte tali difficoltà, racconta Vitaliano, le vie da intraprendere sfociano nell'ambivalenza in cui si è portati a vedere la vita, specialmente nei momenti in cui quest'ultima inizia a scorrerti davanti senza fermarsi. Una prima strada è quella di fregarsene fin quando non giunge il momento di abbandonare il mondo terreno, oppure dare il meglio di sé. Nell'ultima strada l'esempio più calzante è per lui il fratello, Palmiro, definito come la componente positiva della famiglia; il timore principiale era diventato quello di poterlo perdere e insieme la caratteristica per il quale era distinto. Nonostante tutto, lui è sempre riuscito a risollevare tutti.
Nelle battute finali, l'autore ha preso la parola per esprimere le sue considerazioni in merito al modo in cui Misticò vive una sorta di paternità. Pur non essendo realmente padre, egli è stato per molto tempo accompagnato nel suo lavoro dal brigadiere Costantino, che dopo gli anni passati insieme gli rivela di non essere felice "di camminare due passi avanti a lui dopo essere sempre stato un passo indietro". Infatti, ciò che il giovane ha sempre desiderato era stare al fianco di Misticò. Per l'autore la volontà di stare affianco al maresciallo accomuna Costantino ai figli che più di ogni altra cosa desiderano dal proprio padre la vicinanza. I padri però, proprio come Misticò, si rifiutano spesso di dimostrare affetto verso i propri figli in quanto sentono di dover rappresentare la parte più autorevole e distaccata.
Sollecitato da Savatteri, Vitaliano racconta che la naturalezza con cui dipinge lo sfondo Calabrese è dovuta al suo sentirsi tale. Originario di un paesino sulla costa ionica, si trasferisce giovanissimo a Milano e risente da subito il contrasto tra la monotona pianura lombarda e le spiagge e le montagne a cui rimarrà sempre ancorato. San Telesforo, il paesino in cui si svolgono le indagini è immaginario. Tuttavia, l’autore riporta, sempre con quella nota comica che contraddistingue il suo volume, un episodio in cui uno spettatore lo ringrazia per aver ambientato il racconto nel suo posto calabrese preferito. Che sia la Calabria universale, dopo questo fatto per FaustoVitaliano è scontato.