A cosa devono la loro fama i “cantanti di malavita”?
Presentato a Trame.10 “La mafia che canta. I neomelodici, il loro popolo, le loro piazze”, un libro di Calogero “Gery” Ferrara e Francesco Petruzzella, pubblicato a luglio 2021 da Zolfo.
Il volume, con una prefazione firmata da Dino Petralia, capo del Dap, indaga sull’insospettabile propaganda malavitosa perpetrata dalla cultura e dalla musica neomelodica, ponendo l’accento sulle ragioni di tanta popolarità, sui messaggi di odio, sulle connessioni col mondo della politica e sulla compenetrazione tra la cultura napoletana e quella palermitana.
La riposta di Ferrara e Petruzzella è riassunta in circa 200 pagine che raccolgono testimonianze, racconti, documenti, episodi di cronaca e i testi delle canzoni in esame, tracciando un quadro storico e sociale del fenomeno.
Quello che emerge è l’innegabile legame tra la mafia e alcuni personaggi appartenenti al mondo neomelodico.
E le canzoni che esaltano l’eroismo criminale - aggiungono gli autori - finiscono con l’entrare nell’immaginario dei più giovani come esempi ripetibili di chi è riuscito ad ottenere potere e denaro, spesso “partendo dal basso”. Senza tralasciare ovviamente l’ostentazione dell’uso di violenza, droga e armi. I testi e i videoclip mettono alla gogna pentiti e collaboratori di giustizia, inneggiando alle gesta del malavitoso di quartiere, per il quale il carcere è solo una stelletta da apporre sulla camicia.
La negazione delle regole, delle leggi e della democrazia poi, chiudono il cerchio di questa “musica infernale” che trova consenso nel pubblico delle periferie di Napoli e Palermo come del resto d’Italia e, ancora più, sul web.
La riflessione di Ferrara e Petruzzella si sposta infine, inevitabilmente, sulle conseguenze che tutto ciò comporta, sulla visione che i giovani hanno del mondo criminale e sui tanti messaggi sbagliati che passano inosservati finendo nelle orecchie di chiunque apprezzi questo genere musicale.