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Giovanni Tizian, il silenzio. Italia 1992-2022

“Viviamo nel paese dove per essere un eroe devi essere morto”

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di Giandomenico Muraca e Mariacristina Stuppia

Giovanni Tizian giornalista del “Domani” racconta nel suo libro i trent’anni trascorsi da quel 1992 che doveva trasformare l’Italia ma ha lasciato ogni cosa immutata. A distanza di trent’anni la lotta alla mafia è diventata la lotta alle mafie, quel dolore collettivo ha solo reso consapevoli che esiste una mafia brutale che deve essere combattuta. La sua storia inizia con suo nonno Ciccio Tizian il quale successo più grande era stato dare lavoro a venti operai all’interna dell’azienda “Fonticucine”; i problemi non cominciarono a tardare ed ebbero il loro apice il 21 luglio 1968 quando venne distrutto tutto il materiale della fabbrica. A seguire l’omicidio del padre di Giovanni, Peppe Tizian, ucciso il 23 ottobre 1989 da un motociclista che, davanti al museo, sulla statale 106, gli sparò una decina di colpi con un fucile a canne mozze, che portarono a nove mesi di indagine; ma quanto vale la vita di una persona che fa un lavoro normale? Dopo questo omicidio nella famiglia Tizian cresceva l’idea di un trasferimento lontano dalla Calabria, che per molto tempo fù solo un’idea che prese vita dopo la strage di Capaci e 57 giorni dopo con l’omicidio di Borsellino. La Sicilia si ribella, inizia la primavera delle lotte a Cosa Nostra ma in Calabria nel luglio del 92’ era ancora inverno. A settembre 1993 Giovanni Tizian e la sua famiglia si trasferiscono a Modena, “Grazie per avermi portato via” disse alla nonna. L’unico obbiettivo in Emilia era quello di rimuovere il malessere provocato dai ricordi passati, Giovanni iniziava le scuole medie in una scuola privata cattolica e l’anonimato serviva a curare le ferite. Alle domande riguardanti mio padre e la mia storia pensavo “come poter spiegare qualcosa della mia vita se neanch’io sapevo cosa mi era successo?”. L’arrivo di Silvio Berlusconi e la sua vittoria nel 94’segnarono l’inizio dell’epoca della spregiudicatezza, con Berlusconi la mafia è ben accettata, soprattutto se non spara. A ventidue anni Giovanni capisce che ciò di cui aveva sempre avuto bisogno ha un nome molto semplice: la verità così decise di laurearsi in sociologia per poi iscriversi a criminologia per poter combattere la lotta alle mafie, trovò così la sua   dimensione dopo anni di smarrimento. Proprio in quel periodo trovò la foto della scena dell’omicidio del padre e vedendo come i mafiosi avevano ridotto a brandelli il suo corpo il dolore prese il sopravento e le lacrime begarono il fascicolo del caso irrisolto di Giuseppe Tizian. 13 gennaio 2012, su tutti i giornali appare la faccia di Giovanni Tizian costretto alla scorta a causa delle minacce dei boss mafiosi, com’era possibile che a Modena un giornalista potesse rischiare la vita. Dopo la nascita di suo figlio la sensazione era che i Tizian avrebbero dovuto combattere contro questa condanna per sempre, ma non fu così poiché nel 2019 la sua scorta venne eliminata. Oggi dopo trent’anni la lotta alla mafia non è stata sufficiente in un paese stremato dal malaffare, il sintomo che nulla è cambiato dopo Capaci, solo una cosa può infrangere il silenzio che protegge il sistema mafioso: resistenza.

Il reading della storia svoltosi intorno alle 22 a Palazzo Nicotera è stato curato Achille Iera e ai suoni da Erica Cuda

 

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