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Il coraggio di ogni giorno

Il coraggio della normalità nella lotta alla mafia

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di Nicholas Miriello, Antonio Mercuri
 

Il tema del coraggio è stato al centro dell’incontro della prima giornata della tredicesima edizione di Trame. Giuseppe Politanò, vicesindaco di Polistena, nominato coordinatore regionale di Avviso pubblico Calabria, ne ha discusso con Massimo Razzi, giornalista del Quotidiano Del Sud e, in collegamento, Michele Abbatticchio, vicepresidente dell’associazione.

Il coordinatore si è espresso su cosa voglia dire essere coraggiosi in ambito politico: «Fare l’amministratore non vuol dire solo entrare in contatto con la ‘ndrangheta, bensì affrontare i problemi dell’amministrazione stessa. La formazione e l’educazione sono la base fondamentale per far sì che un’esperienza amministrativa possa essere vissuta con coraggio. Essere coraggiosi a lavorare nell’amministrazione, vuol dire avere a cuore ciò che si fa, come suggerisce l’etimologia latina della parola – dice. Rispetto alle scelte quotidiane si arriva a quel punto in cui queste ultime siano considerate normali e non coraggiose, perché quelle coraggiose vengono spesso viste come “speciali”, dove si pretende quel qualcosa in più. Sono le cose normali e ordinarie, invece, a contribuire alla sensibilizzazione del tema antimafia e dell’impegno civico. È solo così che si possono liberare le nostre comunità dalla prevaricazione criminale mafiosa».

Il focus del dibattito si è poi spostato sulle recenti elezioni politiche e sul cosa scateni nei cittadini l’interesse nell’esprimere alle urne il proprio voto. Ma è l’interesse che il candidato sindaco promette al singolo o quello che promette alla comunità?
È stato inoltre citato il caso del comune di San Luca, che conta meno di 3.500 abitanti e una forte presenza della 'ndrangheta, che non ha visto nessun candidato sindaco, portando quindi al commissariamento del paese. Il sindaco precedente, Bruno Bartolo, aveva trovato invece il coraggio di candidarsi sia contro le difficoltà oggettive e sia contro i pregiudizi, trovando un apparente aiuto dal prefetto. Successivamente, ha poi dichiarato di essere stato lasciato solo dalle istituzioni, dovendo quindi rinunciare alla ricandidatura.

«Se un sindaco viene eletto, è per il forte senso collettivo – spiega Abbaticchio. Ho visto diverse comunità cambiare, un cambiamento dovuto alla non sopportazione della criminalità, del favoritismo inteso come diritto. Questo genera nella comunità un sentimento di avversione. La campagna elettorale è fondamentale per capire se un comune vuole liberarsi dalla mafia. Non ho mai visto sindaci eletti per le promesse fatte ai singoli cittadini – afferma. Il sindaco viene eletto perché la cittadinanza vede nel candidato una persona in grado di andare avanti, di non ascoltare le richieste dei favori personali ma di farlo sempre in nome del benessere e della collettività comunale. I sindaci che dicono di no, sono poi apprezzati dalla comunità se dietro quel no c’è volontà di miglioramento e benessere collettivo». Inoltre, il vicepresidente ha anche ricordato il sindaco “pescatore”, Angelo Vassallo, assassinato da dodici proiettili in testa. A 14 anni dall’omicidio, la verità non è stata ufficialmente annunciata, ma è comunque ben nota: il sindaco è stato ucciso per il suo impegno al contrasto delle mafie e della criminalità organizzata. «Nel nome di Angelo tutti gli amministratori dovrebbero svolgere il proprio dovere ricordando che qualcuno è morto per il diritto di svolgere la pubblica amministrazione, quel diritto di cui noi possiamo oggi sentirci garantiti» conclude.

L’evento si è terminato con un intervento da parte di Politanò circa il comune di Polistena, dove la comunità, affiancata dalla pubblica amministrazione, si è impegnata quotidianamente ad impedire che la mafia penetrasse negli organi amministrativi; pratico esempio di come una quotidianità civile e formata possa giungere al benessere collettivo.

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