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Non esiste un pianeta di riserva: le colpe del potere

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di Maria Elena Saporito e Lydia Masala

“Parole come crisi climatica, impatto climatico, gas serra sono entrate nel lessico collettivo”. Così Dominella Trunfio apre il dialogo tra Stefano Vergine, giornalista freelance e coautore con Marco Grasso del libro “Tutte le colpe dei petrolieri. Come le grandi compagnie ci hanno portato sull'orlo del collasso climatico” e il Generale Sergio Costa, politico e militare italiano, dal 1º giugno 2018 al 13 febbraio 2021 ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Il petrolio è intorno a noi in ogni forma, ricorda Trunfio, non è solamente una fonte di energia. Il tema del libro è quindi quanto più attuale e oggetto di riflessione necessaria. Un libro che, spiega Vergine, non contiene notizie esclusive ma cerca di sistematizzare la letteratura in merito: “Siamo in piena crisi climatica, è chiaro a tutti. Non è chiaro però, specie sui media, di chi siano le responsabilità del cambiamento climatico. La narrazione generale è quella secondo cui ognuno di noi dovrebbe fare un piccolo pezzo, la responsabilizzazione è resa collettiva e depositata sulle spalle di ognuno. C’è però un elefante nella stanza: le compagnie petrolifere. Come riporta il libro il 75% delle emissioni cumulate di gas serra dal 1948 al 2015 dipendono dalle emissioni ad opera delle compagnie petrolifere che, oltre al danno la beffa, non sono chiamate a pagare, risarcire o anche solo scusarsi per quanto avvenuto. È documentato che alcune delle grandi compagnie petrolifere come Humble Oil e Shell sapessero già da quarant’anni a questa parte come il cambiamento climatico costituisse una conseguenza diretta delle loro azioni e cambiamento climatico vuol dire morti, morti per colpa delle alluvioni, delle frane, significa migranti ambientali.
Gli stessi big del petrolio, spiega Vergine, sono quelli che alimentano il negazionismo e le fake news attraverso ricerche su commissione orientate al greenwashing. Il settore petrolifero è quello che ha maggiori risorse economiche a disposizione, quindi possibilità di influenzare l’informazione secondo il proprio tornaconto. Avendo creato un filone informativo tanto slegato della realtà quanto appetibile ha facilmente destabilizzato l’informazione con conseguenze che si ripercuotono anche sul dibattito pubblico attuale. “C’è tutta una narrazione dietro alla battaglia rinnovabili-fossili che fa a pugni con la realtà”. Ad esempio, dice Vergine, spesso si dice che le energie rinnovabili necessitano di incentivi pubblici, presunti assenti: guardando ai dati però i maggiori finanziamenti li ricevono i combustibili fossili - 19,6 miliardi su base annua seguiti proprio dai 15 miliardi concessi alle fonti rinnovabili. 
A causa di questa miopia e dell’insabbiamento di dati scientifici che sono oggi sotto gli occhi di tutti, sostiene Vergine, “abbiamo perso quarant’anni di progressi che ci consentirebbero oggi di essere in una situazione ben diversa”. Certo è che la transizione ecologica non può avvenire dall’oggi al domani e proprio per questo non c’è altro tempo da perdere. I tempi della transizione sono tempi lunghi, potrebbero essere necessari decenni – per Costa si parla addirittura del 2050 – e la scelta di utilizzare intanto il gas potrebbe non essere saggia a causa della maggiore quantità di anidride carbonica prodotta.
Ma una transizione ecologica totale, chiede Trunfio a entrambi gli ospiti, è possibile? La risposta è univoca, sì. Vergine spiega, riprendendo i dati dello studio di Marc Jacobson proposti nel libro, che la transizione ambientale sarebbe ripagata in sette anni attraverso il miglioramento delle condizioni di vita e la creazione di milioni di posti di lavoro – i cosiddetti green jobs. Costa è della stessa opinione: nessuno, soprattutto tra gli scienziati che lavorano in sinergia con capi di Stato e di governo, ha mai detto che non sarebbe stato possibile e persino economicamente vantaggioso. Si può fare ed è già stato fatto altrove. Il tema è direzionare i grandi potentati affinché orientino questo sistema verso la direzione green. Forse finalmente qualcosa sta cambiando. “Esiste un percorso che si possa disegnare trasparente, corretto, che salvaguardi il benessere del cittadino, quello collettivo e l’interesse aziendale.”
Tra i focus anche il tema dell’interferenza criminale nel business petrolifero. Il problema, spiega Costa, non è tanto a livello nazionale quanto globale. L’Italia è un paese ricco, tra i venti più ricchi al mondo, tra i grandi del G7 e G20. I sistemi di tutela dalla criminalità organizzata sono presenti in uno stato come quello italiano ma non nei luoghi in cui le priorità sono altre, ancora sul piano della sussistenza e dove quindi la criminalità trova porosità di cui approfittare; quella della criminalità organizzata e dei suoi profitti sul petrolio è una criticità da affrontare globalmente ma che ancora non dispone di strategie globali e congiunte.
“Se siete qui stasera è per partecipare, per sentir dentro tutto ciò, non solo per ascoltare. Noi siamo pionieri in questo”, conclude Costa. Essere pionieri significa quindi mettersi in gioco ed essere riuniti per pensare proposte e soluzioni vuol dire che qualcosa davvero sta cambiando nella sensibilità ambientale di ognuno.
Da segnalare anche l’intervento di Dina Caligiuri, presidente dell’associazione Lamezia Rifiuti Zero, che in quanto rappresentante della società civile richiama l’attenzione sulle colpe della politica, spesso carente di comprensione, coscienza, volontà di comprendere le istanze che provengono dal basso. “Il libero arbitrio dei petrolieri è colpa della politica che non è in grado di porvi un freno”, sottolinea.

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