di Gilberto Villella e Ilenia Ciambrone
“La mafia che canta” è un libro di Calogero Ferrara e Francesco Petruzzella che analizza il connubio mafia-cantanti neomelodici. Protagonisti del dibattito, nella seconda giornata di Trame.10, sono stati la musica neomelodica, le sue potenzialità e il motivo della sua popolarità.
La risposta è da ricercarsi in una spiccata facilità di linguaggio e di messaggio, in quanto si vuole tutto e subito senza sforzo. Un ulteriore riscontro risiede nei social network, che semplificano la divulgazione dei messaggi di odio del sistema malavitoso.
Le fondamenta di questo consenso hanno radici storiche: fin dagli anni ’70, spiegano gli autori, il dialetto napoletano riuscì ad attecchire nei quartieri palermitani. Venne creata un’asse di lavoro criminale tra Napoli e Palermo, in particolare nel contrabbando di tabacchi. Fu un’influenza così potente da incidere perfino sulla metodologia di omicidio adoperata dai mafiosi.
Tutt’ora la compenetrazione tra le due culture è la carta vincente per la diffusione di questa condotta.
Laddove c’è richiesta di consenso c’è un’offerta fornita da quelli che vengono definiti “Neomelodici di Terza Generazione”, tramite i loro mezzi.
Infine, hanno osservato gli ospiti dell’evento, si commette l’errore di sottovalutare le connessioni tra cantanti neomelodici e mondo della politica: non è infatti insolito che personaggi del panorama politico affianchino certe idee e che entrambi questi schieramenti si ritrovino d’accordo nel malvedere all’opera la giustizia.