di Stefania Tavella
«Francesca Morvillo è finita in un cono d’ombra perché ingabbiata nel ruolo di moglie di Giovanni Falcone, ma deve essere ricordata innanzitutto come magistrata che ha anteposto il suo ideale di giustizia e società alla sua stessa vita».
E’ con queste parole che Sabrina Pisu ha spiegato sul palco del Festival Trame com’è nato il suo libro “Il mio silenzio è una stella.Vita di Francesca Morvillo, giudice innamorata di giustizia”, edito da Einaudi, ossia dalla volontà di restituire alla storia della magistrata rimasta uccisa nella strage di Capaci del 23 maggio 1992 il giusto spazio e «di costruire una memoria critica che possa incidere sul presente e sul futuro, rifuggendo dalle celebrazioni retoriche».
«La paura più grande che mi ha accompagnata durante la stesura del libro – ha proseguito Sabrina Pisu - è stata quella di tradire Francesca Morvillo, donna riservata che si è sempre sottratta a qualsiasi tipo di visibilità mediatica». Un silenzio, quello di Francesca Morvillo, che assume una connotazione positiva, diventando «sinonimo di un impegno concreto e quotidiano al servizio della giustizia».
L’autrice ha, dunque, ricostruito la storia umana e professionale di Francesca Morvillo, «dal rapporto col padre che la spinse a intraprendere gli studi universitari di giurisprudenza in un momento in cui alle donne era ancora preclusa la possibilità di diventare magistrato alla spensieratezza degli anni universitari, dall’esperienza nel carcere minorile Malaspina di Palermo al passaggio alla Corte d’appello del tribunale di Palermo e al matrimonio con Giovanni Falcone». Una ricostruzione realizzata attraverso il confronto e il dialogo con le persone più vicine alla magistrata, familiari e amici, proprio per riscoprirne i tratti più intimi e umani. In particolare, nel corso dell’incontro Sabrina Pisu si è soffermata sul lavoro svolto da Francesca Morvillo nel carcere minorile, e «sulla dedizione e l’impegno – ha spiegato - con cui cercava di sottrarre i ragazzini detenuti al contesto familiare e sociale che li aveva condotti sulla strada del crimine, incarnando pienamente l’articolo 27 della Costituzione, che dice che la pena deve tendere alla riabilitazione del condannato».
«Francesca Morvillo – ha concluso - non era solo la moglie di Giovanni Falcone, ma era una magistrata consapevole del ruolo che svolgeva ed era un punto di riferimento per tutto il pool antimafia».