"Oggi la vita di una giornalista in Russia è complicata. C’è una limitazione della libera informazione, peggiore di quella che raccontava Anna Politkovskaja, che ha subito nel senso che con l’inizio del conflitto sono state chiuse moltissime trasmissioni televisive e hanno chiuso tantissime testate. È stato sepolto qualsiasi tentativo, anche timido, di dissenso. La parola Guerra è stata vietata e non si può pronunciare, è stata vietata la libertà di parola e di dissenso anche in piazza, di attivisti e di persone normali, che in qualche modo volevano protestare e dire la loro; quindi, direi che è anche peggio di prima. È importante mantenere la memoria continuando a raccontare, di fatti l’esigenza di scrivere questo libro nasce dal desiderio di coltivare la memoria di Anna e del suo sacrificio per difendere la libertà, così che potesse essere un testamento del suo sacrificio per le future generazioni. La cosa migliore per onorare la sua memoria è continuare a fare quello che faceva lei, a raccontare la verità a tutti i costi e contro tutti. Purtroppo, in Russia non è possibile e non è facile, possiamo farlo fuori dal paese come fa Vera. Ma per noi che possiamo farlo dobbiamo continuare a raccontare, per non lasciare soli chi in Russia oggi lotta contro il regime e il silenzio e sia chi in Ucraina subisce la guerra, l’attacco e l’invasione della Russia.
In Russia la società è addormentata, anestetizzata che non è abituata come coscienza collettiva al dissenso. È una società abituata al patriottismo al nazionalismo, il dissenso è percepito come infedeltà. La speranza sta nelle nuove generazioni, nel tentativo di raggirare la censura e la propaganda attraverso gli strumenti social, in cui si continua a far girare le informazioni vere. Quindi la speranza è sempre lì, nel desiderio di libertà che sempre ha salvato i popoli nel corso della storia”.
Lo ha dichiarato la giornalista Sara Giudice intervenendo a Trame12 insieme a Vera Politkovskaja, in collegamento, e Francesca Nava.