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Sinossi

Chi protegge il latitante più pericoloso d'Europa, l'intreccio di affari e politica e il peso dei segreti di Riina e Graviano. Lirio Abbate, giornalista in prima linea nella lotta alla mafia, delinea il complesso ritratto del latitante più pericoloso d'Italia: Matteo Messina Denaro, l'ultimo dei corleonesi, invisibile da più di trent'anni. Ritroviamo in queste pagine il giovane amante del lusso e il “fimminaro” delle notti palermitane. Inquadriamo il profilo del killer spietato, del boss e dello stratega, del mafioso che ha avvallato e curato la scelta stragista di Cosa nostra negli anni Novanta, quando le bombe hanno imbrattato di sangue la Sicilia e l'Italia intera. E poi c'è Matteo Messina Denaro oggi. Il padre, il latitante imprendibile, l'affarista che ha stretto legami indissolubili con la politica, l'imprenditoria e la massoneria. Mostrando il ruolo che il boss ancora ha nelle gerarchie mafiose, l'autore ci spiega perché la sua cattura rivestirebbe un passo decisivo per sconfiggere Cosa nostra: depositario dei segreti della mafia, “u Siccu” ad oggi non ha mai fatto un giorno di carcere, ma dietro le sbarre del 41 bis potrebbe finalmente vuotare il sacco.

U siccu. Matteo Messina Denaro: l'ultimo capo dei capi

Lirio Abate
Rizzoli
2020

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06 dicembre 2020

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Messina Denaro. Il grande mistero

La figura leggendaria del superlatitante Matteo Messina Denaro chiude l’edizione digitale di Trame, alla presenza di Gaetano Savatteri e Lirio Abbate.

U siccu”, ultimo libro-inchiesta del primo direttore artistico del festival dei libri sulle mafie a Lamezia Terme, ripercorre la storia dell’unico boss corleonese rimasto libero.

Trapanese di nascita, figlio di latitante, Denaro è cresciuto sulle gambe di Totò Riina che lo ha reso uno dei più spietati stragisti e custode dei suoi segreti.

“Tutti i documenti di Riina sono oggi in mano a lui – dice Abbate – portati via dalla villa di via Bernini a Palermo. Quello che è riuscito a prelevare da lì gli ha consentito di guadagnare il vantaggio che lo rende ufficialmente introvabile dal 1993”.

Di lui non conosciamo la voce, il volto e le impronte digitali. Nel libro è presente l’unico verbale giudiziario esistente del boss. 

“L’aurea di leggenda che lo avvolge – prosegue Abbate nel racconto – lo vorrebbe come un moderno Peter Pan, che ruba allo Stato per dare ai poveri. La realtà però è totalmente diversa. Il latitante non conosce generosità neppure verso i suoi. Si è anzi affrancato da ogni padrinaggio per proseguire da solo”. Scomparendo, apparentemente, nel nulla.

 Nessuno, tra chi gli è stato affianco ed è stato arrestato, ha mai pensato di tradirlo.

Quello che sappiamo sicuramente è che ha abbandonato i panni del sanguinario e posato le sue lupare, intravedendo altrove nuove forme di ricchezza e potere. 

Oggi incarna il volto della mafia moderna: invisibile, sommersa, affarista. 

“Possiede una forza economica enorme che gli consente di inquinare la democrazia e l’economia legale drogando una fetta di mercato, e di approfittare della pandemia in corso. E’ più pericoloso di quanto non lo fosse nel 1992” – denuncia Abbate.

Ma chi contribuisce a garantirgli ancora sicurezza e protezione?

“Anche la ‘Ndrangheta. Messina Denaro ha fatto più volte scalo a Lamezia da Pisa e ha avuto contatti con l’organizzazione criminale calabrese”.

“Sono sicuro che verrà arrestato – conclude il giornalista d’inchiesta – per decretare la fine dello scandalo di questa latitanza e la supremazia dello Stato e della giustizia”.

 

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