di Luca Martinelli e Vincenza Torcasio
La prima giornata di Trame Festival si conclude con un reading di Sabrina Pisu nel cortile di Palazzo Nicotera in ricordo di Letizia Battaglia. I giovani volontari del festival riuniti a semicerchio hanno posto a turno delle domande alla giornalista che ha risposto basandosi sul proprio incontro con la Battaglia, famosa fotogiornalista italiana.
Quest’ultima nasce a Palermo nel 1935 dove trascorrerà la maggior parte della propria carriera e della propria vita: lì diventerà una delle più importanti fotografe italiane.
Centrale nella sua carriera è il rapporto con la città: lei, infatti, assiste alla prima guerra di mafia, dove morirono più di 700 persone tra cui il Presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella ed il deputato del Pci Pio La Torre. Questa catena di sangue dovuta alle lotte di potere per il controllo del traffico di stupefacenti trova una resistenza in Letizia Battaglia e nella sua macchina fotografia, definita “l’arma bianca” per difendere Palermo. In questa battaglia la fotografa mette direttamente, come si può evincere dalle sue fotografie, i piedi nel sangue e scatta a distanza “di un cazzotto o di una carezza”. La sua non è una mera riproduzione del dramma ma è una missione civile di cui si fa carico: è il dovere civile a contraddistinguere la sua persona che non differisce dalla sua anima professionale. Il suo è un fotografare per l’alimentare la memoria collettiva e tenerla in vita, anche grazie alla creazione del Centro Internazionale di Fotografia di Palerrmo nel 2017. Quest’ultimo è un sogno- quasi un’ossessione - che si realizza dopo 40 anni e costituisce un luogo di scambio e confronto culturale.
E’ importante ricordare Letizia anche per la sua personale battaglia per l’emancipazione femminile, contro ogni genere di discriminazione, più o meno velata, e per la sua rinuncia ad un ruolo sacrificale e/o di comparsa in una società italiana ancora fortemente patriarcale.
Palermo è il suo, come è stato definito, “amore amaro”: amore, perché amava i vicoli poveri della città e la possibilità di una speranza di un futuro per la città; amaro, per essere stata costretta prima ad abbandonarla e poi a vedere, attraverso la lente dell’obiettivo, la morte violenta di numerosi suoi concittadini impegnati nella lotta alla mafia. Ricordiamo il suo straziante dolore nel ’79 per la morte di Boris Giuliano e il senso di impotenza di fronte alle stragi di mafia del ’92. In particolare, il senso di sconfitta e di sofferenza la portano a rinunciare a fotografare le stragi di Capaci e di Via d’Amelio dove morirono i giudici Falcone e Borsellino e le loro scorte.
A provocarle ulteriore rabbia erano l’irriconoscenza sistemica verso il merito e la capacità dei giovani, che si trovavano(e si trovano) costretti a fuggire dalla Sicilia.
Dopo il reading, si è svolta la proiezione di “Letizia Battaglia. Shooting the Mafia”, film di Kim Longinotto dedicata interamente alla figura della fotografa siciliana.