di Gilberto Villella
Alla tredicesima edizione di Trame, il Festival dei libri sulle mafie, è stato introdotto il primo di una serie di incontri dal titolo “Storie di donne e uomini che resistono” nei quali verrà dato spazio alle vittime di mafia e ai loro familiari.
Pietro Comito ha intervistato Vincenzo Chindamo, fratello di Maria Chindamo, vittima innocente della brutalità mafiosa. La donna aveva acquistato i terreni che erano stati di proprietà del marito, Ferdinando Puntorirero, morto suicida appena un anno prima. Dopo la morte di Puntoriero, Chindamo aveva iniziato a gestire l’azienda.
Il giornalista Pietro Comito, che ha guidato la testimonianza, ha definito Vincenzo Chindamo «un simbolo di resistenza» e senza il quale, probabilmente, non si sarebbe mai definita la verità né fatta giustizia. È importante questa vicenda in quanto forte esempio di denuncia e di battaglia legale contro le ingiustizie perpetrate dalle cosche mafiose ai danni dei cittadini. In questo, Vincenzo Chindamo, ha trasmesso tutte le sue emozioni raccontando commosso la sua storia e descrivendo le immagini di ciò che ha visto e che, ancora oggi, lo turbano. Passando dalla violenza al silenzio, dalla macchina abbandonata al sangue, come analogie dell’omertà di tutti i giorni che sta distruggendo la società civile, attraverso quei colori sbiaditi che riprendono luce nel momento in cui la collettività si ribella alle grottesche pagine della storia italiana decidendo di dire basta. Una battaglia modello cui hanno dato un importante contributo i giornalisti che si sono battuti con fermezza, insieme a Chindamo, nel far uscire alla luce il vero, oltre al grande contributo dei cittadini che si sono schierati in aiuto dei familiari della vittima
«Le vittime di mafia sono le uniche persone in grado di capire ma noi altri dobbiamo essere la loro grande famiglia e unirci a loro» ha infatti concluso Comito suscitando vicinanza negli spettatori.