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L'ultimo saluto ad Anàs: una comunità unita nel dolore e nella speranza

Insieme in preghiera per il bambino di sei anni, vittima del Mediterraneo: un addio carico di umanità e riflessioni su un mondo che deve cambiare

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di Maria Francesca Gentile, Caterina Caparello

 

Inizia con una preghiera silenziosa, sussurrata. Occhi bassi, mani giunte alla vita e tanta commozione. Non sono necessarie parole alte e sonanti, solo la preghiera. Ed è con la Salat al-Janazah che la comunità musulmana, guidata da Fatnassi Ammar, imam di Lamezia Terme, inizia la cerimonia funebre per Anàs, il bambino di sei anni recuperato senza vita il 14 aprile scorso nelle acque antistanti l’area industriale della città. Nella giornata di ieri, cittadine e cittadini lametini hanno dato il loro ultimo saluto al bambino, in piazza Mazzini, prima del suo rimpatrio.
Anàs era partito da Bizerte, in Tunisia, per raggiungere la Sardegna. Viaggiava con il papà, ancora disperso, su un gommone con a bordo 18 migranti naufragato fra il 5 ed il 6 febbraio. «Vogliamo portare il nostro ultimo saluto ed esprimere la solidarietà, la testimonianza, la vicinanza della comunità lametina che non è rimasta indifferente di fronte a questa tragedia, e che non è indifferente rispetto alle tragedie che nel Mediterraneo si compiono» ha dichiarato Nuccio Iovene, presidente della Fondazione Trame. 
Una cerimonia molto partecipata e sentita, caratterizzata da preghiere in lingua araba e in lingua italiana. Due religioni diverse, ma formate da persone accomunate da una tragedia che le unisce. «Celebriamo il ricordo di Anàs, per affermare la necessità di poter vivere in un mondo davvero pacifico, dove non ci sia bisogno di scappare, dove chi decide di spostarsi dalla propria terra lo fa solo per incontrare altre persone, culture e possibilità di vita nella scelta, non nel dramma della condanna e della imposizione – ha detto il Vescovo della diocesi di Lamezia Terme, Serafino Parisi. As-salāmu ʿalaykum è un saluto ma anche impegno a costruire un mondo nuovo». Durante le sue parole, una signora ha adagiato un mazzo di fiori accanto alla piccola bara, per poi accarezzarla e darle un bacio. Dimostrazione di una comunità unita, in cui non esistono differenze. Solo umanità. 
«Anàs è nato in Tunisia e muore qui. Questo è il mondo, un mondo di squilibrio, di egoismo, delle grandi multinazionali che accaparrano tutte le ricchezze di una parte del mondo tenendola per loro. Molti dei presenti provengono da nazioni ricche. Eppure, subiscono dittature, ingiustizia sociale, guerre civili innescate e promosse dall'altra parte del mare. I nostri governi non governano per noi, mentre in Italia il popolo governa da vera democrazia» ha asserito l’imam. «Ringrazio il procuratore della Repubblica Curcio che ha condotto le indagini per scoprire l'identità di questo bambino, le autorità e tutti voi. Non è stata considerata né la lingua, la nazionalità, né la sua fede. Avete visto in lui un essere umano».
Infine il sindaco, Paolo Mascaro: «Questa è una città che ha sempre spalancato le braccia. Dobbiamo interrogarci sulle tante tragedie, sulle troppe omissioni, sui comportamenti colpevoli, sulle pericolose parole che spesso vengono pronunciate e su cui si costruiscono comportamenti e norme che formano la premessa di ciò che noi oggi stiamo piangendo. Cerchiamo di essere vicini a coloro che vogliono ricercare nella nostra terra il sorriso, l'amore e la concordia. Spalanchiamo sempre più queste braccia».
Alla fine della funzione, donne e uomini si sono avvicinati singolarmente al piccolo Anàs. Hanno pregato per lui, toccato e baciato la bara e, alla fine, osservato con commozione la macchina allontanarsi verso Napoli, da cui poi Anàs partirà per la Tunisia.

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