di Lorenzo Zaffina e Valentina Ciambrone
E’ tipico parlare di un’affinità genealogica tra massoneria e mafia. Ma quanto è corretta questa interpretazione?
Si è cercato di dare una risposta a questo interrogativo nel dialogo avvenuto durante la quarta giornata del festival Trame.10, che ha visto intervenire Giuseppe Lombardo, procuratore aggiunto di Reggio Calabria e, in videocollegamento, John Dickie, docente di storia italiana presso l’University College di Londra.
Su domanda del giornalista Rocco Vazzana, moderatore dell’incontro, il professore spiega cosa si intenda esattamente per massoneria. “La massoneria, in quanto tale, non esiste. Non è un’unica organizzazione, un’unica rete”. Per questo motivo, non bisogna criminalizzare la massoneria regolare, confondendola e mescolandola con la criminalità di stampo mafioso: sono, invece, le “componenti infedeli” a sporcare l’immagine che ne ha l’opinione pubblica a riguardo.
Quando ci si riferisce alle “massomafie”, non si deve pensare a un accordo tra le due parti, ma intendere l’influenza delle logiche massoniche che guidano le componenti alte della mafia. Queste si ispirano a quei riti e quelle regole di vita che sono le fondamenta delle logge.
Lombardo spiega come oggi ci troviamo di fronte ad una contrapposizione tra una ‘ndrangheta della sostanza e una ‘ndrangheta dell’apparenza. La prima, invisibile e nascosta, è quella che comanda, la seconda, chiara ed evidente, è una mafia ancora legata a retaggi territoriali ormai superati. Quest’ultima per tradizioni comuni sembra dominante, ma in realtà è succube di un sistema più alto e complesso.
Il Procuratore continua spiegando come sia la parte irregolare della massoneria ad entrare in contatto con la parte alta della mafia, pur non essendovi una completa compenetrazione diretta tra le due parti. E’ qui che entra in gioco il concetto di massoneria deviata.
L’incontro fornisce un’istantanea sul complesso tema del rapporto massoneria-mafia, i cui confini si confondono e sembrano sfumare. Per avere un quadro completo del fenomeno, sostiene Lombardo, “bisogna investire su percorsi di formazione evoluti” che forniscano gli strumenti adatti a capire e riconoscere cosa è mafia e cosa non lo è, per rendere visibile l’invisibile.