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Trame12. In ultimo sarà luce

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di Valentina Mariapia Grandinetti

 

"Un libro avvincente, che ti prende dalla prima pagina e non lo molli più”, così Maria Scaramuzzino, giornalista per la Gazzetta del Sud, descrive l’ultimo romanzo del magistrato lametino Giuseppe Vitale. La quinta giornata di Trame12, si apre con la presentazione di “In ultimo sarà luce”, tenutasi presso il cortile di Palazzo Nicotera.

Alla domanda “perché questa storia?” Vitale risponde dicendo: “perché ero abituato a scrivere”; dopo aver scritto sentenze durante la sua carriera professionale, il magistrato ha infatti deciso di dedicarsi alla stesura di un romanzo, perché, dichiara l’autore, se ben realizzato può avere molto da dire e da trasmettere i lettori, perché “apre l’estro a fantasie e sentimenti”.

Si è trattato di “un magistrato che racconta di un magistrato”, trasferendo così nel racconto le proprie competenze tecniche, per creare un’opera ricca di suggestioni, in cui la storia del protagonista, il giudice Schicchitano, si intreccia inaspettatamente ed inevitabilmente con la storia di una giovane ragazza, vittima di femminicidio nel lontano agosto del ‘95.

Il giudice sessantenne Nicola Scicchitano, il protagonista, dopo aver trascorso una vita tra processi e sentenze, decide di “cambiare spartito”, dedicandosi alla stesura di un romanzo.

In cerca di raccoglimento, il protagonista si trasferisce nel piccolo paesino di Camiti, dove soggiornerà nel Conventino, unica struttura ricettiva del borgo.

Il cielo di Camiti, tuttavia, non è nuovo all’ex-magistrato, perché nel 1995, aveva preso parte come GIP al processo per l’uccisione di Cristina, una ragazza Veneta che soggiornava proprio nel Conventino. 

A causa delle indagini condotte con superficialità, anticipa Giuseppe Vitale, il GIP viene costretto ad archiviare il processo. “Questo lascia nel magistrato un senso di frustrazione” spiega l’autore, citando le stesse parole usate nel romanzo per descrivere la brutalità del delitto: Lucifero era emerso quel giorno dagli inferi per fare strazio di quel corpo.

Basta la vista di una foto, che ritrae la proprietaria della struttura, Anna Chiara, durante il suo trentesimo compleanno, assieme alla giovane Cristina, per far tornare alla mente del giudice Scicchitano il ricordo di quel processo. 

Il volto di Cristina si insinuerà nei pensieri del protagonista, impedendogli di scrivere; una storia che avrebbe dovuto narrare la storia di Rebecca, un’aspirante brigatista che come “rito di iniziazione” viene incaricata di uccidere un funzionario dello stato, di cui in seguito si innamorerà.

La voce insistente di Cristina, che urla giustizia, porterà il giudice ad assegnare a Rebecca il volto della giovane vittima, dando vita ad un intricato “gioco di specchi tra le due figure femminili”.

Schicchitano soddisfa così il desiderio di riscatto che nutre verso la giovane.

Nella stesura del volume Schicchitano si renderà conto di realizzare “un libro che prescinde dalla sua fantasia, è quasi Cristina a descriverglielo” rendendo finalmente giustizia alla ragazza e donandole, anche se solo nel mondo della finzione, una storia d’amore e una vita felice.

Tra le tematiche affrontate nel corso della presentazione, tra l’altro, vi è anche quella dell’amore malato, di cui Cristina è vittima, situazioni che portano spesso al femminicidio; il ricordo della giornalista Maria Scaramuzzino va al 1988, anno del delitto di Roberta Lanzino, delitto che ancora oggi non ha un colpevole. 

Giuseppe Vitale descrive cosa significa per un magistrato affrontare queste ingiustizie, usando le parole di Epicuro, anche utilizzate da un personaggio del romanzo, “il bene e il male sono la stessa cosa, connotano la dimensione umana” dobbiamo però reagire, dice l’autore, facendo in modo che ad ogni delitto corrisponda una pena. 

Al termine dell’incontro, l’attenzione si sposta sulla città di Lamezia, l’autore riflette sulla valenza del festival Trame, segnale di forte volontà di riscatto. La presentazione si conclude con l’invito del magistrato a non smettere mai di combattere; la lotta alla mafia, afferma Vitale, deve partire proprio dai membri della comunità, è necessario unire le forze per arginare il fenomeno, solo così in ultimo sarà luce.

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