di Giulia Nisticò
Prosegue la quarta giornata del Festival Trame con l’evento “Dentro, fuori e oltre il carcere” svoltosi presso il Chiostro San Domenico nella città di Lamezia Terme. Protagonisti, l’autore del libro “Pestaggio di Stato” Nello Torchia e la giornalista Giulia Merlo.
Il dialogo fra i due si apre con il segno che ha lasciato il libro nel percorso dello scrittore, della crescita che ha acquisito confrontandosi con altre realtà . Racconta una fase particolare della vita di ognuno di noi, qualcosa che abbiamo attraversato con difficoltà, che ha investito le nostre vite senza consenso o preavviso, il Coronavirus.
In particolare, da una prospettiva che spesso viene trascurata e declassata, dei detenuti nelle carceri, fra tanti quello di Santa Maria Capua Vetere. Recupera le storie di realtà vissute tramite il confronto diretto con le figure colpite dalla dicotomia tra l’opinione pubblica e la verità veicolata dai cari. Il libro si apre, infatti, con una testimonianza che porta l’autore nella profonda riflessione, batte nella sua mente lo sguardo di una persona adulta che chiede aiuto, provando difficoltà nel gestire le due famiglie che bussano alla sua porta, quella criminale e quella istituzionale, una volta che avrà abbandonato la sua seconda casa. Rimbombano anche le parole, “Ho visto i video”, i video del pestaggio, da quel momento in poi, la verifica e il riscontro. Lo scrittore delinea, quindi, uso dell’immagine nella frequenza non solo nell’era corrente ma anche in quella passata, facendo riferimento agli scheletri ammassati durante i campi di concentramento.
Con l’incipit della giornalista Giulia Merlo, lo scrittore ha trattato dettagliatamente la struttura del libro, sottolineando le storie di famiglie, come Ilaria Cucchi, sorella di Stefano Cucchi persone inizialmente distanti dal carcere ma che in poco tempo, il suono delle sirene ha portato ad un cambiamento drastico. Le condizioni del carcere, non sfuggono al vigile occhio dello scrittore, che mette in luce gli aspetti spesso ignorati e degradati, tra i principali la mancanza di acqua potabile, presenti nel carcere, infatti, nominativi appartenenti ai fiumi, tra i principali il Nilo, ove destinate persone come tossici, legati allo spaccio e di poco conto. Definita dall’autore non ultimi, ma “fuori classifica”. Se vogliamo toccare con mano le disuguaglianze, andare in carcere è il miglior posto. Riportando ancora, importanti elementi, lo scrittore nomina i valori che possiede un detenuto, appresi durante le testimonianze dei carcerati come quello della barba, simbolo di attesa verso la fine della pena o di un processo e l’importanza dei colloqui, definita come “battesimo di un figlio” un giorno entusiasmante, magico, da ricordare ma venuto a mancare durante la pandemia.
L'incontro volge alla conclusione con il ricordo attraverso la biografia di quello che è stato “Virgilio” per l’autore, Pietro Ioia e l’invito alla lettura ed all’informazione per arricchire il proprio bagaglio culturale e per aprirsi sempre di più ad altre realtà di vita che spesso disconosciamo.