IL BLOG DI TRAME.13

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Il giallo tra pagine e schermo: un viaggio tra letteratura e cinema

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di Gilberto Villella

 

Durante l’ultima giornata del festival si è svolto un incontro con gli scrittori Gabriella Genisi e Gaetano Savatteri, guidati da Giovanni Tizian, sull’importanza del genere giallo.
Una riflessione su come la letteratura provi a raccontare il contesto in cui viviamo, le sue contraddizioni e il dualismo tra manoscritto e pellicola.
Il genere letterario giallo, storicamente, è servito a far conoscere, tra le varie applicazioni, un pezzo del sud, sia dei suoi problemi come delle sue bellezze. Il genere noir, arrivando sul grande o piccolo schermo, si è scontrato con la problematica dell’adattamento da libro a pellicola. È importante, infatti, che gli sceneggiatori non tradiscano i personaggi nel tentativo di conformarli allo schema cinematografico, nonostante vada precisato che trasportare un'opera può risultare difficile anche in termini economici.
Bisogna avere particolare cura nel non creare dei personaggi rispecchianti uno stereotipo che possa far risultare un’opera troppo “maccheronica”, considerando che il cinema ha un pubblico notoriamente più vasto rispetto allo scritto. È vero che il cinema ha dei ritmi completamente diversi dalla letteratura, ma il rischio di far apparire delle persone o dei luoghi lontani dalla realtà è concreto.
«Il romanzo è come se riempisse gli spazi vuoti» è questo il modo in cui, dice Savatteri, la letteratura aiuta a comprendere la realtà. Chi scrive vede come vivono le persone, in particolar modo se tratta di territori vicini a lui, avendone un ottimo punto d’osservazione diretto. «Nei racconti di un territorio riusciamo a salvaguardare la memoria» perché scrivendo, spiega Genisi, si scava nel passato e dunque si riesce a raccontare la storia. 
Nel processo creativo che porta alla realizzazione delle opere è sicuramente presente una componente personale, ma è fondamentale anche il punto di vista di tutte le persone che vivono intorno a noi, che siano parenti, amici o conoscenti. «Ci siete anche voi in Lolita Lobosco (la protagonista della collezione di romanzi Le indagini di Lolita Lobosco ndr)» ha puntualizzato la scrittrice Gabriella Genisi, suscitando un caloroso applauso in tutti gli ospiti presenti all’intervista.

Una giustizia attesa da 33 anni: il caso Cristiano e Tramonte

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di Serena Savatteri

 

Durante l’ultima giornata del Trame Festival, ha trovato posto un ulteriore episodio della rubrica “Storie di donne e uomini che resistono”. A presentarlo, il giornalista Pietro Comito e Francesco Cristiano, fratello di Pasquale, vittima di un brutale omicidio premeditato dalla mafia e avvenuto 33 anni fa. 
L’episodio discusso è il seguente: il 24 maggio 1991, a Lamezia Terme, due operatori ecologici impegnati nella raccolta di rifiuti urbani vengono uccisi nella periferia di Miraglia, ex comune di Sambiase, dai killer della ‘Ndrangheta armati di un mitra 7.62. Si tratta di Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte.  
La gente aspetta ancora che qualcuno faccia luce sulla morte dei due lavoratori, avvenuta forse per un’operazione contro il Comune. Si tratta di una vicenda oscura, che ha lasciato i familiari delle vittime in uno stato di angoscia e sofferenza, condiviso da Cristiano, che ha spiegato: «Non è giusto che i lavoratori ci siano andati sotto per i loschi affari della mafia, che due persone abbiano perso la vita in questo modo mentre cercavano di migliorare la nostra città. Inconcepibile che sia passato troppo tempo». 
L’incertezza che regna sull’accaduto non fa altro che aumentare il desiderio generale di giustizia, come dichiarato da Comito: «Quello che è avvenuto non può essere cancellato dall’oblio del tempo. A distanza di così tanti anni, con la stessa forza di allora, si continua a gridare “verità e giustizia”, un grido che si leva anche da questa piazza e che siamo certi che, da oggi, sarà accolto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro». 
La volontà di ottenere giustizia riguardo agli orribili fatti accaduti, però, è e sarà dura a morire. «È una battaglia che continua - ha detto Comito - non solo da parte delle famiglie Tramonte e Cristiano, ma dalla parte onesta della città di Lamezia, dalla Fondazione Trame e dall'Associazione Antiracket, che ringrazio per ciò che ha fatto per tutte le donne e gli uomini che sono stati ospitati su questo palco e che hanno potuto raccontare le loro storie di coraggio e di speranza».

Il coraggio di Peppe Valarioti: una storia di lotta contro la 'ndrangheta

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di Francesco Galati

 

Durante la sesta ed ultima giornata del festival Trame, nella corte del palazzo Nicotera-Severisio, Giovanni Tizian, direttore artistico del festival, ha parlato della storia di Giuseppe Valarioti, primo politico assassinato dalla ‘ndrangheta, con Giuseppe Lavorato, già deputato e dirigente del Pci, Nuccio Iovene, presidente della Fondazione Trame, e Debora Scandinaro dell’associazione Officine n. 8.

Giuseppe, detto Peppe, Valarioti era un dirigente della sezione di Rosarno del Pci, attivissimo negli anni ‘70 nella denuncia dei fenomeni corruttivi di stampo mafioso che riguardavano soprattutto l’intercettazione dei fondi dell’investimento straordinario nel Mezzogiorno: «lo Stato italiano, per la prima volta nella sua storia, aveva destinato miliardi per costruire porti, aeroporti, strade, autostrade, scuole, ospedali, asili – ricorda Lavorato – e questi miliardi venivano rubati da questa congrega affaristico-mafiosa». 

Spinta dagli infervorati comizi di denuncia dei giovani attivisti del Pci, la popolazione rosarnese decise di dare un massiccio supporto elettorale al Partito Comunista, inviando così un forte messaggio di ribellione al controllo ‘ndranghetistico sul territorio. Proprio al fine di sedare tale sentimento, nella notte dell’11 giugno 1980, Peppe Valarioti muore assassinato a colpi di lupara. «La matrice mafiosa e il movente politico furono subito realistici; la ‘ndrangheta stessa volle rivelare la sua mano per terrorizzare il movimento di lotta che in quegli anni era sbocciato nella piana di Gioia Tauro», spiega Lavorato.

Purtroppo, come in altri casi analoghi, il processo volto a condannare i responsabili si concluse con l’assoluzione degli imputati, benché dalla testimonianza del pentito Pino Scriva emerse l’implicazione delle ‘ndrine Pesce e Piromalli. «Fino a quando dovremo assistere a una giustizia negata?», si chiede Iovene, il quale evidenzia che la forza delle battaglie di quegli anni, sfidando il tempo, continua ad alimentare ancora oggi i movimenti antimafia calabresi.

A Valarioti e alla sua lotta è dedicata la Casa del Popolo di Rosarno, gestita dall’associazione Officine n. 8, il cui scopo è «trasmettere cultura, sia politica che generale», spiega Scandinaro, affermando l’importanza della divulgazione della memoria storica, perché «sono cambiati i tempi, sono cambiati i modi, ma le dinamiche sono sempre le stesse e si ripetono nel tempo».
 

Verità nascoste: la giustizia negata ai familiari delle vittime

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di Martina Nisticò

 

Nella giornata finale della tredicesima edizione del festival “Trame”, Luigi Ferro ha presentato il suo ultimo libro, scritto con la collaborazione di Monica Triglia, “Verità nascoste – da Piazza Fontana a Moby Prince: la giustizia negata ai familiari delle vittime”. Il libro ripercorre i più tragici episodi della storia della repubblica italiana tra il 1969 e il 1980 facendo una distinzione tra verità storica e verità giudiziaria: dal silenzio dello Stato, ai depistaggi, all’impossibilità dei familiari di partecipare alle indagini.
Il volume ripercorre gli eventi anche attraverso le memorie dei familiari che, come dice lo scrittore «Da persone comuni hanno dovuto, attraversando il loro lutto, trasformarsi in personaggi pubblici». 
Nel suo intervento l’autore ha spiegato la struttura del libro e la motivazione del perché la strage di piazza Fontana abbia ottenuto uno spazio così ampio nella sua pubblicazione. Ferro, infatti l’ha definita «la strage che ha cambiato per sempre la storia della repubblica italiana». Gli autori hanno deciso di trattare anche quella di Bologna, che ha effettivamente un filo comune con Piazza Fontana, ed altre tre stragi con una storia ben diversa, quella di Ustica, Moby Prince e Casalecchio di Reno. 
Luigi Ferro , durante l’incontro , ha discusso con il giornalista Marcello Ravveduto spiegando come «la voglia di scrivere questo libro nasce dalla volontà di raccontare questi episodi attraverso gli occhi delle famiglie e non dal punto di vista dei terroristi come spesso accade» – continua – « abbiamo cercato di capire in che modo queste persone hanno reagito e di come non siano state schiacciate dal dolore ma abbiano reagito, ribellandosi non solo per amore, ma soprattutto per giustizia».
Centrale anche il tema del ruolo dello Stato nelle indagini delle stragi e di come si sia creata una situazione di tensione tra quest’ultimo e i familiari «In tutti questi episodi spesso la magistratura si è chiusa al dialogo con i familiari, che hanno invece trovato appoggio negli enti locali, nei comuni, che sono stati centrali ad esempio nelle indagini sulla strage di Bologna».
Il tema centrale del festival di quest’anno è la memoria e , a tal proposito, l’autore ha cercato di spiegarne il ruolo nella sua pubblicazione «La memoria è un problema importante. Le associazioni nate proprio dai familiari delle vittime hanno avuto la funzione di pressare i magistrati, di fare delle indagini  e la memoria – aggiunge – il loro scopo è quello di creare una memoria condivisa che è fondamentale. Nei casi in cui la memoria non è condivisa si creano associazioni diverse con memorie diverse, come accadde ».  Infine parlando del caso Moby Prince ha affermato che « da un lato i fratelli Chessa cercavano di difendere l’onorabilità del padre e dall’altro lato vi era l’opinione sociale del resto d’Italia». 
 

A Trame13 lo stand Libera Terra

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Liberare una terra dalla criminalità organizzata significa restituirle il respiro. Liberare un territorio dalle mafie significa anche ridare dignità a coloro che vi lavorano. Infine, liberare un terreno vuol dire riconsegnarlo alla comunità onesta, vera e, anch’essa, libera. L’obiettivo di Libera Terra consiste in tutto questo.

Quale momento e collaborazione migliore si poteva trovare, se non all’interno della tredicesima edizione di Trame, il Festival dei libri sulle mafie, dal 18 al 23 giugno a Lamezia Terme?

«Siamo qui perché ovviamente è una condivisione di intenti e di volontà su un tema che ci accomuna, un tema che riguarda ormai la consapevolezza e quella, che non riguarda solo la Calabria – spiega Raffaella Conci, presidente di Terre Joniche-Libera Terra. Quindi siamo qui da calabresi perché, in qualche modo, abbiamo vissuto la problematica della presenza mafiosa, subendone le conseguenze in termini di arretratezza, di sviluppo economico e sociale. Cerchiamo di dare delle risposte partendo dall'uso sociale dei beni confiscati, al fine di creare opportunità di un’economia sana e di sviluppo altrettanto sano del territorio».

È importante sottolineare quanto sia importante far emergere le qualità vere della regione e i suoi valori «è necessaria, infatti, una contro narrazione perché, purtroppo, la nostra regione è conosciuta solo per i fatti legati alla criminalità organizzata e ci piace invece dimostrare come l'impegno arrivi per primo sì dai calabresi, ma come il tutto debba essere ormai un impegno condiviso – continua. Il problema non è più di portata regionale, e nemmeno nazionale. È una riflessione fatta in termini di comunità e, a livello sociale, quanto più estesa possibile. Facciamo parte della comunità calabrese ma l'invito è a muoversi tutti su questo fronte».

Lo stand di fronte la location principale del festival, in piazza San Domenico, dà l’occasione di poter toccare con mano una realtà più viva che mai, attraverso la conoscenza delle storie di quei territori oscurati e oppressi, ma anche delle sfide affrontate e la degustazione dei loro prodotti. Uno stand con i prodotti delle cooperative sociali che gestiscono beni confiscati alla mafia, grazie alla collaborazione dell’Associazione Libera.

«Ci occupiamo di agricoltura biologica su beni confiscati alla ’ndrangheta. In particolare ci troviamo nel comune di Isola Capo Rizzuto e Cirò, ma facciamo parte di una rete più ampia che è interregionale, un progetto che si chiama Libera Terra e che mette insieme più cooperative del sud Italia: Sicilia, Campania, Calabria e Puglia. Ciascuna poi, secondo le specificità territoriali, fa delle produzioni più vicine a quelle che sono le tipicità del territorio – spiega la presidente. Ci sono anche delle produzioni condivise come il grano, il cecio, la lenticchia. il sistema consortile è quello che poi ci consente di avere una buona distribuzione. Tutte le singole cooperative si occupano di una materia prima, questa poi viene conferita al Consorzio Libera Terra Mediterraneo che poi si occupa della trasformazione, commercializzazione e vendita con un marchio unico che è proprio quello di Libera Terra».

La parola “dignità” è tra le parole più usate e più sentite dall’associazione: «Dignità soprattutto nel settore dell'agricoltura, per cui conosciamo il fenomeno del caporalato, lo sfruttamento della mano d'opera, quindi tutto questo è sicuramente una forma di riscatto sia per il territorio e sia un'occasione di dare un lavoro dignitoso, che dovrebbe essere la normalità. In ogni caso c'è bisogno di ridare dignità».

Si tratta di un recupero sociale e produttivo dei beni liberati dalle mafie per ottenere prodotti di alta qualità, coinvolgendo altri produttori che condividono gli stessi principi e promuovendo la coltivazione biologica dei terreni. Terreni che, dal momento in cui vengono confiscati, riprendono vita attraverso una riqualificazione. «Nel nostro caso, per quel che riguarda il terreno, le condizioni erano abbastanza favorevoli. Abbiamo dovuto fare delle attività per recuperare alcune zone, riuscendo comunque ad iniziare a lavorare quasi subito. Più difficile la parte legata alle strutture, perché c'era anche un'abitazione che è stata convertita in struttura ricettiva e quella, come succede nel caso dei beni confiscati, è stata completamente distrutta e poi convertita. Oggi è un agriturismo dove accogliamo ragazzi da tutta Italia che formiamo sui temi della legalità, della giustizia, quindi sul tema dell'antimafia sociale» conclude. 

Interviste

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Intervista a Maria Teresa Morano


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Intervista a Diego Bianchi


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