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Matteo Messina Denaro, una storia ancora senza un finale. La realtà al limite della fiction

Giacomo Di Girolamo e Gaetano Pecoraro ne parlano con Tiziana Bagnato

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Due libri che parlano dello stesso personaggio Matteo Messina Denaro, ma con chiavi di lettura completamente diverse. Vengono così messi a confronto il libro di Giacomo di Girolamo, Matteo va alla Guerra. La mafia e le stragi del ’92 come tutto ha inizio e quello di Gaetano Pecoraro, Il male non è qui. Matteo Messina Denaro. Il romanzo.

“Ho scelto di fare il giornalista e di farlo nella mia terra”, esordisce così Di Girolamo nell’introdurre il suo libro e la scelta di incentrare il racconto sul latitante più ricercato del mondo, “e la prima regola di un giornalista è raccontare ciò che si ha accanto”, continua. Quella del giornalista marsalese è una necessità: ricostruire il buco nero degli anni che vanno dal ’91 al ’93, le preparazioni alle stragi, gli eventi, che hanno come segnato un rito di passaggio per Cosa Nostra stessa. “Perché in questi anni di grandissima confusione, noi sulle stragi sappiamo tutto e non sappiamo nulla ed è una considerazione che più passa il tempo e più dobbiamo fare nostra”. Così Di Girolamo, non solo ricostruisce i fatti, ma ribalta la prospettiva e il punto di vista, raccontandoli attraverso le parole dei mafiosi.

Gaetano Pecoraro ci consegna un’ulteriore chiave di lettura, attraverso un romanzo in cui realtà e fiction si intrecciano abilmente. Il messaggio però è molto chiaro. “In questo romanzo”, spiega il giornalista,” io parlo di Matteo Messina Denaro, ma in realtà, mi rivolgo ad altri. È un puntare il dito”.

Perché attraverso la figura del protagonista Mimmo Bosso, magistrato alla caccia del boss Matteo Messina Denaro, che più sembra avvicinarsi e più si allontana, ciò che emerge è per lo più lo scontro con coloro che invece dovrebbero essere dalla sua stessa parte. Nel libro, come nella realtà, “È evidente che la partita sia truccata, afferma Gaetano Pecoraro, “ed è evidente che risolvere questo problema, voglia dire risolvere il rapporto incestuoso tra Stato e antistato”.

Dell’influenza tra Stato e mafia è forte anche la riflessione di Giacomo Di Girolamo: “Non sarebbe mafia se non ci fosse un accordo con il potere, con le istituzioni, con lo Stato. Perché è normalità della mafia essere classe dirigente”.

Le stragi hanno segnato una svolta all’interno di Cosa Nostrache, anche attraverso la figura di Matteo Messina Denaro, ha iniziato a costruire un rapporto sempre più capillare con la politica e le classi dirigenti italiane, in una storia, come quella del boss più ricercato di Italia e del mondo, che non ha ancora un finale.

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