Il terrorismo italiano è un fenomeno unico al mondo, nasce per desiderio di sovversione del potere politico e finisce per essere uno strumento delle mafie; molti brigatisti hanno ripreso le loro attività quando si credevano fossero sconfitte.
Il dialogo procede con un’analisi delle analogie tra il terrorismo politico, le stragi di mafia e il legame creatosi. Le modalità delle stragi sono simili: i depistaggi, la guerra al terrorismo, la guerra alla mafia e le leggi speciali. Un esempio palese di modifica delle leggi speciali riguarda la conversione dell’articolo 90 al 41 bis, che oggi prevede il carcere duro per i mafiosi.
"Dopo cinquant'anni siamo riusciti con molta fatica a capire dei pezzi delle stragi perché i colpevoli sono stati protetti da parti dei servizi segreti e da apparati deviati. Lo confermano le sentenze. Il terrorismo è servito a tenere il Paese a bada”, afferma Bianconi.
Un chiaro riferimento è legato all’uccisione del generale Dalla Chiesa, inizialmente associato ad attività terroristiche e in seguito identificato come di matrice mafiosa.
Ma allora – chiede provocatoriamente il direttore artistico Tizian - perché il terrorismo è stato sconfitto e la mafia no?
“Il terrorismo è stato sconfitto ma anche usato, perché il legame tra istituzioni e criminalità organizzata è molto forte”. Inoltre, molti mafiosi, una volta usciti dal carcere, tendono a essere recidivi, e questo rende la lotta alla mafia molto più complicata. I terroristi stravolgono il potere politico, mentre il potere criminale vi è strettamente legato e lo condiziona. I depistaggi sulle stragi rendono difficile capire la verità, che spesso esce fuori dopo anni, vanificando i tentativi di incastrare i colpevoli. Nonostante questo, bisogna puntare alla verità per costruire una coscienza nelle generazioni future.