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Il coraggio di una figlia

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di Valentina Ciambrone

Il racket è una delle attività criminali più immutate nella storia, una costante che accompagna la mafia dentro ogni sua trasformazione e contiene all’ interno tutte le sue componenti.  Come ogni attività mafiosa, vanta il potere di non risparmiare nessuno e di essere sempre più violenta, diretta ed insaziabile.
È questa, purtroppo, la storia che colpisce ed accomuna molte realtà calabresi, tra cui quella della famiglia Miscimarra. A parlarne è la figlia Francesca durante l’incontro “Storie di donne e uomini” a cura di Laura Fazzari, nel corso della terza giornata del Festival Trame.10.
Una donna che non ha avuto paura e che, a distanza di tempo, ancora ora decide di denunciare apertamente. 
Imprenditrice di Lamezia Terme, il papà di Francesca aveva un’impresa di impianti elettrici. Quando lei subentra nell’azienda di famiglia, scopre che il padre era ormai da tanti anni vittima di racket e di usura. Sprofonda improvvisamente in una buca, in cui sembra non trovare via di fuga. È una giovanissima donna, una mamma, che capisce subito che quella vita non fa per lei. Decide così di denunciare.
Ma la scelta le costa caro.  La sua azienda chiude e Francesca è costretta ad andare via ed iniziare una nuova vita in un’altra regione. 
“Volevo ingrandire l’azienda di papà, ma mi sono ritrovata in qualcosa più grande di me”. Un’unica donna contro un sistema prettamente maschile; un’unica donna che, come se non bastasse, si sente ancora più sola, senza poter contare sull’aiuto di amici, famiglia e Stato.
“Ero piccola, ero figlia, ero mamma di una bambina di sette anni, ma vedevo che si stava prendendo via tutto” così, “mi sono presa quel macigno sulle spalle per guadagnarmi la mia libertà, ma soprattutto quella di mio padre”. 
Una storia di coraggio che vede Francesca non più come spettatrice, ma come attrice, forte e convinta.
L’episodio di questa giovane imprenditrice è l’esempio lampante di come però denunciare a volte non basta.  Ma “c’è bisogno di tutti, senza alcuna paura. C’è bisogno di una partecipazione attiva della città, che muova i suoi passi verso un’economia giusta, che possa sostenere tutte quelle persone che non hanno deciso di rimanere in silenzio. Io ritornerò perché è qui che voglio stare. La paura c’è stata e ci sarà, ma io sarò più forte”. 
Un mantra da tenere sempre a mente, per riuscire a lottare e vincere a nome di Francesca, della città di Lamezia Terme, del popolo calabrese e di tutte quelle persone che credono in qualcosa di diverso.

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